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SAN GIOVANNI EVANGELISTA... LA BASILICA DELLO SCAMPATO NAUFRAGIO

Narra la tradizione che l’Augusta Galla Placidia, durante una terribile tempesta in mare avvenuta lungo il viaggio che nel 424 da Costantinopoli la ricondusse a Ravenna con i figli Valentiniano III e Giusta Grata Onoria per assumere la reggenza dell’impero d’Occidente nelle veci del figlio, all’epoca bambino, a seguito della morte del fratello Onorio, fece un voto a San Giovanni Evangelista, venerato a Costantinopoli e in Oriente quale protettore dei naviganti: la sovrana promise che, se avesse toccato terra, avrebbe costruito una chiesa a lui dedicata nel luogo dello sbarco.


Fu così che tra il 426 e il 434 d.C. Galla Placidia fece edificare la più antica chiesa pervenutaci di Ravenna, San Giovanni Evangelista, come ricordava l'iscrizione nel perduto mosaico absidale a noi nota grazie alla trascrizione dello storico Agnello nel suo Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis del IX sec.: “Galla Placidia Augusta con suo figlio Placido Valentiniano Augusto e sua figlia Grata Onoria Augusta scioglie il voto per la liberazione dai pericoli del mare”.


Stando sempre alla leggenda, come da lei promesso, fu costruita in prossimità del luogo in cui sbarcò: difatti agli inizi del V secolo all’interno della città esisteva ancora un piccolo bacino portuale nella zona immediatamente a nord della basilica, un porto-canale urbano che sfociava in mare poco oltre l’attuale stazione ferroviaria.

La chiesa ebbe inoltre probabile funzione di cappella palatina, ipotesi suffragata dalla relazione topografica con il palazzo imperiale che sorgeva nella Regium Caesarum, delimitata a nord, appunto, dalla chiesa stessa.


L’edificio religioso fu oggetto di numerose modifiche e rifacimenti nel corso dei secoli, in particolar modo dopo la Secondo Guerra Mondiale, quando subì ingenti danni a seguito dei bombardamenti aerei inglesi che provocarono la distruzione di oltre metà della chiesa: scongiurato il rischio di una demolizione, attraverso le ricostruzioni degli anni Cinquanta si è giunti all’aspetto attuale.


Il visitatore che si accinge ad entrare nel sagrato della chiesa viene accolto da un magnifico portale marmoreo del XIV sec., realizzato quando i benedettini, che già dal X secolo si erano insediati in S. Giovanni Evangelista, costruirono un quadriportico antistante la chiesa, oggi scomparso e sostituito nel secolo scorso dall’attuale recinto in laterizio, in cui è stato ricollocato il portale gotico.


La sua ricca decorazione a bassorilievi ci racconta un’altra leggenda legata alla vita di Galla Placidia e alla fondazione dell’edificio: nella lunetta a ogiva è rappresentata l’Imperatrice che si prostra ai piedi di San Giovanni Evangelista, il quale le apparve la notte precedente la consacrazione della basilica mentre pregava con il suo confessore San Barbaziano, e che, scomparendo, le lasciò un sandalo come reliquia fondante.

L'Apparizione di San Giovanni è affiancata da due gruppi di angeli; nei due rinfianchi è rappresentata l'Annunciazione; mentre nella cuspide al centro troviamo San Giovanni e un imperatore, probabilmente Valentiniano III, alla sua sinistra San Barbaziano con sacerdoti, alla sua destra Galla Placidia con soldati e, sopra, il Redentore.


La facciata della chiesa è molto semplice, con un alto protiro frutto della ricostruzione novecentesca. Il campanile fu eretto probabilmente tra il IX e il X secolo; due delle sue quattro campane, la Marzia e la Dolorosa, sono state fuse nel 1208 e sono fra le più antiche in Italia datate e firmate.

Alla destra della chiesa si apre il chiostro risalente al XVI secolo.


L'interno è a pianta basilicale, scandito da tre navate divise da due file di dodici colonne originarie in marmo proconnesio con capitelli corinzi di reimpiego e pulvini di provenienza orientale, i quali sembrano fare la loro comparsa in Occidente proprio in questa basilica divenendo successivamente un tipico elemento di arredo scultoreo delle chiese paleocristiane ravennati.

La navata centrale termina con un’abside, esternamente poligonale ed internamente semicircolare, traforata da una teoria di sette aperture ad arco intervallate da colonne marmoree, le quali sovrastano tre finestre murate.

L’arco trionfale e il catino absidale ora intonacati, fino al XVI secolo erano rivestiti da preziosi mosaici, rimossi nel 1568. Grazie alla testimonianza dello storico Agnello, e ad una miniatura in un codice del XIV secolo conservato presso la biblioteca Classense, è possibile formulare un’ipotesi circa la composizione originaria del mosaico perduto. Nell’arco trionfale erano rappresentate due scene narranti lo scampato naufragio dell’Imperatrice grazie all’intervento di San Giovanni; nell’intradosso i tondi con ritratti di imperatori tra cui Costantino e Teodosio; nel catino absidale Cristo in trono con il Vangelo di Giovanni aperto; nell’abside i “quattro esseri viventi” del tetramorfo dell’Apocalisse (che ritroviamo anche nel cosiddetto Mausoleo di Galla Placidia), e, sotto, il vescovo Pier Crisologo attorniato dai rappresentanti ufficiali della dinastia teodosiana. Il programma decorativo della zona sacra si rivelava quindi come una glorificazione della dinastia imperiale teodosiana e, di riflesso, celebrava l’avvento di Galla Placidia legittimato dalla volontà divina.

Ai lati dell'abside vi sono il diaconicon e la prothesis, entrambi a pianta quadrata.

A metà della navata di sinistra si apre una cappella gotica del XIV secolo, che presenta nella volta frammenti di affreschi attribuibili alla scuola giottesca di Pietro da Rimini, raffiguranti i quattro Evangelisti e i Dottori della Chiesa.


Lungo le pareti delle navate laterali sono disposti frammenti di mosaici provenienti dai pavimenti che, nel corso dei secoli, a causa del fenomeno della subsidenza, si sono sovrapposti a diverse quote. Tra questi vi sono i lacerti riferibili al pavimento istoriato realizzato nel 1213, e rinvenuti nel 1763: vi sono rappresentati animali fantastici, ornati e alcuni episodi della Quarta Crociata (1202-1204), tra cui l'assedio di Zara e la presa di Costantinopoli; scelta tematica, quest’ultima, non casuale, in quanto l’esito di quella crociata dovette avere a Ravenna una certa rilevanza poiché associata all’elezione a patriarca di Francesco Morosini, già abate di S. Maria in Porto, monastero dipendente da quello di S. Giovanni Evangelista.


S. Giovanni Evangelista, a differenza di altri edifici paleocristiani ravennati, non conserva ricchi mosaici parietali, tuttavia un tour a Ravenna che non contempli di varcare il suo bel portale sarebbe incompleto senza una visita alla sua chiesa più antica che ci racconta di un momento cruciale della vita di Galla Placidia.




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